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Attraverso le origini del Tartufo si sono create tradizioni culinarie che tra uno storytelling del food ricercato ed altre tradizioni intorno al tubero, culminano nella condizione di avere “radici profonde”, in tutti i sensi.
Non a caso è detto anche “Diamante della terra” o anche spesso denominato come: “Pregiato fungo ipogeo dal sapore stregato”.
Per cui concentriamoci riguardo questo percorso storico, ma dapprima, facciamo un breve excursus per conoscere meglio il Tartufo scoprendo che ne parlava già Plinio il Vecchio, lo amava Napoleone Bonaparte, lo incoronava “il Mozart dei funghi” Gioacchino Rossini.
Sin dagli albori l’inconfondibile profumo è sia fascino che mistero.
I primi cenni risalgono ai tempi dei Sumeri e dei Babilonesi, quando veniva utilizzato in pietanze a base di legumi e ingredienti vegetali.
Gli antichi Greci attribuiscono l’origine del raro fungo alla combinazione di elementi naturali come acqua, calore, fulmini.
Di qui, il poeta latino Giovenale ha poi tramandato la storia della nascita del tartufo come frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia.Proprio secondo Giovenale ,il tartufo veniva considerato altamente afrodisiaco e veniva anche chiamato il cibo degli dei .Il Rinascimento rilanciò il gusto della buona tavola ed il tartufo riconquistò il primo posto tra le pietanze più raffinate, comparendo tra le tavole delle nobili Caterina de’ Medici e Lucrezia Borgia, oltre che nei banchetti più prestigiosi d’Europa.Nel ‘700, il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti europee una prelibatezza, e la sua ricerca costituiva un divertimento di palazzo, per cui gli ospiti e gli ambasciatori stranieri in visita a Torino erano invitati ad assistervi.
Questo diamante della terra ricercato ed amato in tutto il mondo ha molte varietà ma le principali sono di sicuro il tartufo nero e il tartufo bianco, ma viene anche apprezzato molto lo scorzone o tartufo estivo, dal sapore più delicato.
I luoghi più conosciuti di provenienza sono Alba per il tartufo bianco e Norcia per il tartufo nero.
Tuttavia, il tartufo è un prodotto la cui diffusione è presente in varie aree geografiche, a partire dal Nord fino al Sud Italia.
Il tartufo bianco è senza ombra di dubbio la varietà più pregiata e costosa.È perfetto abbinato con le uova, per preparare la fonduta, nelle tartare e in primi piatti di pasta e risotti (un classico è il tagliolino al tartufo bianco). Viene utilizzato solo a crudo in quanto, essendo un prodotto estremamente delicato, in cottura perderebbe quasi tutte le sue proprietà aromatiche e organolettiche.
Il tartufo nero , anch’esso molto pregiato, ha caratteristiche diverse dal quello bianco. La raccomandazione è comunque quella di non cuocerlo: basta infatti una moderata esposizione al calore ed esso perderà inevitabilmente le sue caratteristiche aromatiche. Viene utilizzato prevalentemente nei primi piatti di pasta fresca o di semola.
Le zone dove si trova più facilmente sono Norcia,il Sannio e alle pendici dell’ Etna.
Spesso inoltre capita di chedersi quale vino potrebbe accompagnare al meglio questo frutto “frutto degli dei”?le mie proposte sono, un buon Verdicchio(vino bianco dalle note leggermente amare sul finale),Pinot Noir (vino rosso dal gusto più morbido e avvolgente),uno Chardonnay (affinato in nudo acciaio a quello vanigliato, addolcito dal legno).
E la Birra?…sì! Possiamo abbinare anche la birra,non è certo un’impresa semplice, né un accostamento che s’immaginerebbe di fare a casa tutti i giorni. Consigliabili sono: “Pils, Helles o Lager” avendo tra gli ingredienti principali luppoli nobili ed erbacei.
Grazie ad un approfondito studio è sto possibile apprendere che
1 – Il tartufo è un fungo ipogeo cioè sotterraneo, a forma di tubero.
È composto da una parte chiamata peridio – la corteccia che lo riveste – e un’altra detta gleba, che è la massa carnosa. Il tartufo è costituito in gran parte da acqua, fibre e sali minerali, che gli vengono fornite dall’albero con cui vive in simbiosi.
2– Nasce da radici di specifiche piante. Vive in simbiosi con le radici di alcune piante in particolare che gli trasmettono le sostanze organiche, quindi bisogna andare a cercarlo lì, cioè presso alcune determinate, ma quali sono?
3 – È una sentinella ambientale. Dove c’è il tartufo non c’è inquinamento. Ebbene sì. Per le sue caratteristiche e per il rapporto simbiotico che instaura con la natura circostante, il tartufo non sopravvive a diserbanti, inquinamento e quant’altro alteri l’ambiente. Perché necessita di essere e crescere in un contesto naturale sano.
4 – Dove si trova?
Facilmente si penserebbe ad Alba. Infatti come zona di produzione del tartufo bianco è sicuramente la più importante (il Piemonte in generale con la provincia di Cuneo, la provincia di Asti e parte della provincia di Torino), ma non l’unica! Perché lo storytelling del tartufo, facendo il suo corso, ha permesso di farlo trovare anche in alcune zone di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e in gran parte del centro Italia: Umbria (Città di Castello, Gubbio e Norcia), Marche (ad Acqualagna soprattutto), ma anche Abruzzo e Molise.
Per quanto riguarda quello nero, più comune, il Molise e l’Umbria sono le aree di maggior produzione. Sia che si tratti del cosiddetto scorzone (la varietà estiva), che del più pregiato Tuber melanosporum (invernale).
5 – Quando si raccoglie
Le date possono variare a seconda della varietà in questione: generalmente vanno dalla fine di settembre a gennaio e da dicembre a marzo, eccezion fatta per lo scorzone che è estivo.
La raccolta è vietata invece – per tutte le specie! – dal 1 maggio al 31 maggio e dal 1 settembre al 20 settembre.
6 – La forma dipende dal terreno
Quando abbiamo in mano un tartufo dobbiamo ragionare che la sua forma è dovuta alle caratteristiche del terreno in cui è nato, perché un tartufo dalla forma sferica si è sviluppato in un terreno morbido, mentre uno bitorzoluto è cresciuto in un terreno duro, pietroso e con molte radici.
7 – Non è coltivabile… almeno per il momento
Essendo un prodotto della terra puramente selvatico dobbiamo accettare che non è coltivabile. Ma aumentano gli studi riguardo la tartuficoltura, con l’obiettivo di riuscire a creare un habitat vantaggioso per la crescita dei tartufi e la coltivazione della pianta tartufigena.
8 – Come si conserva il tartufo
Bisogna dire che il tartufo va consumato fresco, quindi il più presto possibile dopo averlo comprati.Ma in ogni caso, per conservarlo ci sono alcuni accorgimenti: avvolgendolo in un tovagliolo di carta e conservandolo in frigorifero in un barattolo di vetro (massimo per 7 giorni però), cambiando quotidianamente il tovagliolo che lo avvolge.
9 – Come usarlo in cucina
Le ricette per impiegare il tartufo in cucina cambiano a seconda delle regioni e delle diverse tradizioni. In linea generale è consigliato non abbinarlo a ingredienti e preparazioni troppo forti, che rischiano di coprirne l’aroma. Mentre, per quanto riguarda il tartufo nero, è possibile pensare di tritarlo con funghi e olio d’oliva su dei succulenti crostini caldi, oppure impiegarlo per condire piatti di pasta e gustosi arrosti.
Maria Teresa Grisi Franchini
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